Catena del freddo - conservazione degli alimenti: uso e abuso della Temperatura

Questo articolo è uscito su "Alimenti & Bevande" del 6 Giugno 2011.
Avete mai pensato a quanti consumatori piacerebbe cuocere un alimento poten­zialmente tossico? Oppure avere nel fri­gorifero una confezione di prodotto fresco, pri­vo di conservanti, salutare e magari "bio" ma che, se pur appena prodotto, dura solo poche ore? Se poi consideriamo che la modifica delle dinamiche sociali permette alla maggior parte dei consumatori di fare "la spesa" solo una vol­ta alla settimana, appare chiaro che il manteni­mento delle caratteristiche di salubrità e di qua­lità organolettica degli alimenti per un tempo adeguato ricopre oggi, come non mai, una no­tevole importanza. Evitare il rapido deperimento dei prodotti è certamente possibile, anche attra­verso il mantenimento della catena del freddo, ovvero garantendo la stabilità di temperatura, positiva o negativa, di tutta la massa del prodot­to dalla superficie al cuore, partendo dalla pro­duzione fino al momento della vendita o della somministrazione al consumatore finale.

La normativa di riferimento

Come primo rifermento di legge, anche se non di recente emanazione, può essere considerato d.p.r. 26 marzo 1980, n. 327, regolamento di esecuzione della legge 30 aprile 1962, n. 283, allegato C, Parte I e II, che fornisce agli operato­ri del settore alimentare ed alle autorità compe­tenti chiare indicazioni sulle temperature che de- vono essere mantenute durante di trasporto dei generi alimentari (vedi Tabella).

È interessante notare che più di trent'anni fa, an­che se non si parlava di catena del freddo, il con­cetto era comunque espresso attraverso il termine "regime di freddo".

Un secondo riferimento di legge specifico per il comparto dei prodotti "gelo" è il decreto legisla­tivo 27 gennaio 1992, n. 110, attuazione delta direttiva 89/108/CEE in materia di alimenti surgelati destinati all'alimentazione umana, nel quale vengono nuovamente riportate alcune indicazioni in merito alle temperature di tra­sporto dei prodotti congelati e surgelati; ad esempio, è permesso un innalzo di massimo 3 °C dei prodotti surgelati, sia durante il traspor­to a lungo raggio sia durante la distribuzione frazionata. Sempre in base a quanto previsto dal decreto legislativo 110/1992 chiunque inizi una nuova attività, oppure introduca nel pro­prio parco macchine un nuovo mezzo di tra­sporto di prodotti surgelati o congelati, deve darne segnalazione alle autorità competenti at­traverso D.I.A.P. o S.C.l.A.

Più recentemente, con l'emanazione del rego­lamento CE 852/2004 è stata ribadita l'impor­tanza del controllo delle temperature dei pro­dotti alimentari lungo tutta la filiera, In partico­lare, il testo di legge recita il seguente monito: "è importante il mantenimento della catena del freddo per gli alimenti che non possono essere immagazzinati a temperatura ambiente in con­dizioni di sicurezza, in particolare per quelli congelati". Il termine "congelati" riportato nell'epigrafe del regolamento comprende sia i pro­dotti congelati sia i prodotti surgelati. Per con­cludere, due precisazioni: per i differenti gene­ri merceologici possono essere presenti specifi­che prescrizioni di legge, a stretto carattere ver­ticale, integranti o più restrittive delle norme generiche; il mancato rispetto delle temperatu­re di trasporto e conservazione è generalmente sanzionabile ai sensi 5 della legge 30 aprile 1962, n, 283 e dell'art. 6 del decreto le­gislativo 193/2007.

Uso della temperatura

L'utilizzo delle basse temperature, associato ad una o più fasi di processo, è finalizzato alla rea­lizzazione di prodotti alimentari dotati di buone caratteristiche organolettiche e microbiologiche, in grado di soddisfare sia le prescrizioni normati­ve sia le aspettative implicite ed esplicite dei con­sumatori. Il mantenimento delle basse temperature è un importantissimo obiettivo da raggiungere, pertanto è necessario definire chiaramente quando e dove inizia la catena del freddo del nostro pro­dotto. Se consideriamo un dato alimento, siamo in grado di affermare con certezza in quale mo­mento della produzione ha inizio la catena del freddo? Per rispondere correttamente a questa domanda dev'essere valutata la tipologia di ali­mento che l'industria sta producendo. Per esem­pio, presso l'azienda si produce un semilavorato ready to use destinato agli utilizzatori intermedi, oppure un prodotto finito da esporre a scaffale? Dopo aver definito la tipologia e la destinazione di utilizzo del prodotto (come previsto dal Codex Alimentarius) è necessario considerare che l'ope­razione unitaria di congelamento, surgelazione o refrigerazione, di norma viene attuata una o più volte durante il processo produttivo, per fi­nalità simili o diverse, ma solo una può essere considerata come Inizio della catena del freddo. Questo ragionamento, se ripetuto in momenti differenti e per ogni genere alimentare realizza­to in azienda, potrebbe aiutare sia il Team HACCP dello stabilimento sia i funzionari prepo­sti al controllo a capire se la catena del freddo ha inizio presso l'azienda e, se sì, in coincidenza di quale step produttivo.

Una volta determinato chiaramente il punto di inizio della catena del freddo, dovranno essere implementate una o più procedure di controllo delle fasi "specificatamente predisposte" per il mantenimento delle temperature entro i limiti. Tali procedure non dovrebbero essere applicate solo per controllare quello che accade in azienda (monitoraggio interno dei CCP), è consigliabile estendere seriamente il controllo al di fuori del perimetro aziendale, al fine di aumentare il gra­do di sicurezza e qualità di quanto consegnato alla o dalla nostra azienda.

Abuso della temperatura

Una volta avviata la catena del freddo deve esse re mantenuta. Perché? Le motivazioni sono differenti, ma tutte conducono alla riduzione del rischio di modificazione chimica ed alterazione, microbiologica degli alimenti deperibili. L'abuso termico si configura nel momento in cu, la temperatura del prodotto fresco o gelo raggiunge in una o più parti della sua massa valori di temperatura oltre i limiti consentiti. Un innal­zamento della temperatura determina general­mente due gravi conseguenze: un'accelerazione delle cinetiche di reazioni chimiche alterative, come ad esempio l'irrancidimento ossidativo dei grassi ed una proliferazione di batteri associata alla potenziale produzione di tossine. Ipotizzia­mo che l'abuso termico sia un fenomeno conte­nuto (superamento di pochi gradi centigradi del­la soglia limite), non considerato durante gli stu­di di shelf life e costantemente presente nel si­stema distributivo della nostra azienda, quali po­trebbero essere le conseguenze? L'accelerazione delle reazioni chimiche nei prodotti, nella miglio­re delle ipotesi, determinerebbe una sensibile ri­duzione della shelf life con conseguente vanifi­cazione delle analisi di laboratorio e degli studi teorici effettuati sulla conservabilità, ma non so­lo. Le dichiarazioni di durata riportate nella sche­da tecnica o in etichetta potrebbero essere con­siderate "mendaci" dai clienti e dalle autorità competenti, con le conseguenze che tutti pos­siamo immaginare. Se invece l'aumento di tem­peratura fosse rilevante e duraturo (superamen­to dei limiti per molte ore) quasi sicuramente il nostro alimento non potrà essere più commer­cializzato. Nel caso in cui l'abuso termico determini, oltre alla decadenza sensoriale del prodotto, anche una proliferazione della flora batterica indesiderata il problema sarebbe sicuramente più grave ed essendo messa a repentaglio la sa­lute del consumatore sarà necessario attivare d'urgenza il sistema di ritiro o richiamo dei pro­dotti non conformi.

Come controllare la catena del freddo

Spesso quando si parla di catena del freddo e di controlli si pensa più al momento di carico, tra­sporto e scarico delle merci e meno a quanto avviene all'interno dell'azienda o della cucina. Il controllo del carico dovrebbe essere effettuato con modalità e tempistiche variabili, ad esempio deve essere distinta la tipologia di distribuzione tra lungo raggio e frazionata, perché per la se­conda modalità sono previste per legge soglie di temperatura più alte.

Il controllo delle temperature dovrebbe essere effettuato sia dagli operatori incaricati del­l'azienda (ristorazione collettiva e classica com­prese) appena prima dello scarico delle merci, sia dagli operatori addetti al trasporto appena pri­ma del carico delle merci sugli automezzi.

Nel caso in cui il trasporto dei prodotti alimenta­ri sia affidato a ditte esterne dovrebbe essere co­munque effettuato un doppio controllo come sopra indicato, atto a validare le operazioni di entrata ed uscita delle merci e per evitare futuri contenziosi tra aziende.

L'impiego di indicatori di scongelamento può es­sere un valido strumento da utilizzare secondo corrette modalità ed in associazione a strumenti di registrazione delle temperature in continuo. La costante applicazione delle GMP ed il severo monitoraggio dei CCP durante tutta la filiera produttiva permetterà di non avere difformità nello spessore degli anelli della catena del fred­do, che spesso si assottiglia in prossimità del consumatore finale.

Le regole da rispettare

Di seguito vengono riportate alcune semplici re­gole per effettuare correttamente il controllo delle temperature durante tutte le fasi di processo ed in particolar modo prima, durante e dopo il trasporto di generi alimentari:

• effettuare regolarmente la taratura presso centro "Accredia" di almeno due termosonde; negli spazi molto ampi (celle frigorifere) verifi­care la temperatura in almeno cinque punti della camera di refrigerazione - congelamen­to mediante termometro a raggi infrarossi, in caso di valori non conformi rilevare la temperatura superficiale ed a cuore prodotto;

• campionare la temperatura in cinque punti della unità di prodotto, quattro punti superfi­ciali ed uno a cuore prodotto;

• utilizzare almeno tre data logger da posizio­nare in punti strategici durante il trasporto; fissare limiti di accettabilità più restrittivi ri­spetto alla normativa in vigore;

utilizzare un recipiente chiuso ermeticamente contenente una o più termosonde immerse in liquido inerte atossico (ad esempio, glicerina) per simulare l'andamento della temperatura interna del prodotto trasportato;

posizionare uno o più recipienti con liquido inerte in aderenza delle pareti della camera refrigerata del mezzo di trasporto ed in pros­simità degli sportelli di apertura;

effettuare le operazioni di verifica delle tem­perature nel minor tempo possibile;

• se ritenuto necessario eseguire un carotaggio dei prodotti alimentari congelati/surgelati al fine di rilevare la temperatura anche a cuore prodotto.

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